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DA CHE PULPITO!

Il Rapper Geolier all’Ateneo napoletano Federico II

(Tra i futuri disoccupati acclamanti, una sola certezza incrollabile: tenere in testa il berrettino, anche davanti al Rettore).

Così, perfino la grande (o presunta tale) Università Federico II di Napoli ha sdoganato la musica Rap.

È notizia di questi giorni che il popolare rapper napoletano Emanuele Palumbo, in arte Geolier, è stato accolto tra acclamazioni estatiche da 500 studenti dell’Ateneo i quali non hanno esitato un attimo a fare la fila per prenotare uno dei posti disponibili per questo evento culturale che così bene qualifica l’Istituzione partenopea.

Chi scrive queste brevi note ammette candidamente che non era a conoscenza dell’esistenza di questo artista e tanto meno delle sue opere. Così, prima di dare giudizi parziali ed affrettati, è andato ad informarsi sulla rete.

Ora, sappiamo tutti che il mondo Rap non pretende di lasciare un’impronta nella storia della musica. Anzi, è abbastanza chiaro che nemmeno si può parlare di vera musica. Si tratta di stucchevoli ritmi spaventosamente uguali a se stessi sui quali l’Artista di turno farfuglia qualcosa vagamente comprensibile (la voce impastata sa molto di “vissuto di strada”). Nel senso che se la rima viene abbastanza facile e coerente la si può prendere in considerazione (spinello-bordello, canna-panna, bamba-caramba) altrimenti non se ne fa niente e amici come prima. Intanto i ragazzi fruitori di tali perle sono di bocca buona. La maggior parte conosce solo quel tipo di musica. Non saprebbe riconoscere un fa diesis sul pentagramma e ritiene che le classiche movenze da cantante di strada, con le mani un po’ protese in avanti, le dita piegate quasi a far emergere il segno delle corna e qualche oscillazione della testa, siano la massima espressione artistica dal clavicembalo ben temperato ai giorni nostri.

Ma veniamo al brillantissimo Geolier. Di voce, ovviamente, ne ha poca. Si esprime in stretto dialetto napoletano e dunque personalmente ho avuto bisogno di qualche traduzione. Colpa mia. Il napoletano verace riesco a intenderlo con qualche fatica, ma guarda caso di Eduardo capivo tutto, anche quando aveva 80 anni e si perdeva un po’ le ultime sillabe, mentre del ragazzo farfugliante comprendo davvero poco.

Prendo un brano a caso, e allego direttamente la traduzione (spero sia fedele, ma sulla Rete ho scelto un blog che mi sembra affidabile e competente).

Quando te ne vai da sola, da sola poi ritorni
Non ti nascondere che lo sai, ti arrabbi poi non ti addormenti
Una vita non è abbastanza per conoscerti fino in fondo
Visto che non permetti mai a nessuno di farlo
Essere noi è difficile perché non sappiamo se ci diciamo bugie o verità
Una notte che non schiarisce e ‘sti pensieri fuggono
Un abbraccio brucia tanto, stammi lontano e non ti fidare di me
E certe volte no, non è così difficile
Stare insieme a te equivale a vivere e a uccidermi

T’innamori perché non vuoi stare sola
Ma stai sola anche se stai con me
Come puoi volere che io ti voglia bene
Se ogni abbraccio è una catena all’anima?
Cancella tutto, il mondo non esiste, però esisti ancora tu
E ti ho scritto l’ultima poesia
T’innamori perché non vuoi stare con te stessa

Parole in libertà, insomma. Un vecchio trucco che conosceva bene anche Moretti: “Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?” Come non dire nulla cercando di sembrare profondissimi.

Sul fenomeno, si è dovuto scomodare perfino una persona equilibrata come il Procuratore Nicola Gratteri. A mettere in guardia su questi fenomeni di ribaltamento dei valori sociali è dovuto intervenire un uomo notoriamente schivo, riflessivo, che difficilmente parla tanto per dire qualcosa. Chissà come mai? Magari, tra non molto ne sapremo di più.

In ogni caso, il Rapper sembra essere conscio dei suoi limiti.

“Qua dentro io non posso insegnare niente a nessuno…” ha detto con falsa modestia all’Università. Verrebbe da dire “Nessuno ha mai pensato il contrario”. E invece, no. Si sbaglierebbe a crederlo. È davvero un concetto che va rivisto. Per esempio, il Signor Palumbo potrebbe indicare come si fa a diventar ricchi e a guadagnare quello che incassa lui con i suoi dischi, mentre in Italia un laureato 110 e lode con 18 anni di studio che inizia a fare supplenze guadagna 1250 euro mensili, e deve andare di corsa dove lo chiamano, senza fare lo schizzinoso. Se poi è di Napoli, probabilmente deve mettere in conto di andare a fare il supplente a Milano, dove con quei soldi neppure riesce a permettersi una stanza in affitto.

Dunque, come fare a guadagnare tutti quei bei soldoni?

È presto detto, non ci vuole molto a capirlo. Basta trovare il classico studente universitario che ti acclama come il nuovo Mozart. “Povero Diavolo, che pena mi fa!” direbbe il poeta. Per ora, sembra un gioco; poi, tutti a fare i supplenti per una miseria, e ne riparleremo.

5 pensieri su “DA CHE PULPITO!”

  1. Bell’articolo, ma pensare di piazzarlo in quella melma di juzza è stato ardito
    Io me sono sono andato, stufo di fare statistica per il pronipote svampato del nipote del Buonarroti
    saluti

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      1. Io non riesco ad abituarmi: preferisco cambiare aria; per altro quel forum non lo trovo più idoneo a migliorare le mie capacità fotografiche, impestato com’è da fanboy, troll, e spacconi; per ora sto frequentando DPReview, un sito di fotografia che ha una moderazione molto stretta, per cui i soggetti come quelli che imperano su juza non disturbano; ciò crea un ambiente molto più favorevole, ma è difficile inserirsi e non perdersi nel mare di informazioni

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    1. Io non sono certo un fotografo. Ho l’esperienza minima per fare qualche scatto dignitoso. Ma, ripeto, tutta la rete è ridotta ad una fogna. In ambito letterario non si può più esprimere un giudizio senza essere accusati di invidia o di tentativi di mettersi in mostra. Non sono ammesse voci fuori dal coro. Forse per quello mi diverto ad esserla.

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      1. ammiro comunque la resistenza
        a parte ciò e tornando in tema, a livello di ritmica pochissimi artisti rap li ascolto (con il contagocce) con piacere, ma a parte il ritmo non mi piace per niente la tipologia di testi insulsi e/o violenti che solitamente esprime

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